Circolari

Legge n. 188/2007 – Dimissioni volontarie – Chiarimenti.

Circolare n° 175/2008 » 06.05.2008

Facendo seguito alle circolari n. 267/2007 e alle n. 96 e 131 del 2008, si ricorda che a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 188 del 2007 e del decreto interministeriale 21 gennaio 2008, dal 5 marzo 2008 le dimissioni volontarie devono essere rassegnate utilizzando esclusivamente l’apposito modulo previsto dalla legge e predisposto dal Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale.

L’articolo 1, comma 1, della legge n. 188 del 2007 dispone, infatti, che la lettera di dimissioni volontarie deve essere presentata, pena la sua nullità, su appositi moduli predisposti dal Ministero del Lavoro, con decreto adottato di concerto con il Ministero per le riforme e le innovazioni nella Pubblica amministrazione.

Le dimissioni comunicate con atto scritto differente da quello previsto dalla legge saranno, pertanto, improduttive di effetti.

Suggeriamo l’opportunità per le imprese di fare una comunicazione a tutti i lavoratori interessati, informandoli che nel caso in cui intendessero rassegnare le dimissioni sono obbligati a seguire la particolare procedura prevista dalla legge, poichè in caso contrario le loro dimissioni non saranno accettate, in quanto nulle. L’informativa potrebbe essere resa, ad esempio, secondo lo schema che alleghiamo in calce.

Resta fermo che la natura ed i requisiti sostanziali delle dimissioni non mutano, anche se ora il lavoratore che esercita il recesso per iscritto deve adottare il modello tipizzato definito dal decreto interministeriale.

Le dimissioni restano, pertanto, un atto unilaterale e recettizio, senza obbligo di motivazione, e producono effetto nel momento in cui sono portate a conoscenza della persona alla quale sono destinate, vale a dire il datore di lavoro (articoli 1334 e 1335 del codice civile).

Inoltre, la nuova disciplina sulle dimissioni non sostituisce quella specificamente disposta per le dimissioni rassegnate dalla lavoratrice nel periodo compreso dalla richiesta delle pubblicazioni ad un anno successivo al matrimonio, o durante la gravidanza, e da entrambi i genitori naturali, affidatari o adottivi fino al compimento di un anno di vita del bambino (art. 35, co. 8, d.lgs. 198 del 2006; art. 55, co. 4, del d.lgs. 151 del 2001).

Pertanto, la lavoratrice che si dimette nel periodo “di tutela rafforzata” deve, comunque, rendere le proprie dimissioni con il sistema prescritto dalla legge 188 del 2007 e poi procedere alla convalida delle stesse dinanzi alla competente direzione provinciale del lavoro.

Nel caso in cui il lavoratore receda dal rapporto per fatti concludenti, vale a dire senza utilizzare il modello ministeriale e senza presentarsi sul luogo di lavoro, rendendosi irreperibile, la circolare del 4 marzo 2008 del Ministero del Lavoro chiarisce che resta sempre ferma la possibilità, da parte dei ccnl, di qualificare questo recesso “informale” quale fatto concludente dal quale può essere presunta la volontà di dimettersi.

La circolare fa salva comunque (anche sulla base delle osservazioni formulate da Confindustria) l’ipotesi che, anche in assenza di previsione da parte della contrattazione collettiva, la prolungata assenza ingiustificata del lavoratore dal luogo di lavoro possa assumere valore di fatto concludente dal quale presumere la volontà di dimettersi.

Tuttavia, la prolungata assenza del lavoratore dal luogo di lavoro obbliga l’impresa a valutare due possibilità.

Intimare al lavoratore di riprendere servizio, avvisandolo, preferibilmente per iscritto, che, qualora ciò non accada, il rapporto di lavoro dovrà considerarsi risolto per dimissioni.

Avviare la procedura di contestazione per assenza ingiustificata in conformità alle previsioni dell’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori per poi adottare il licenziamento disciplinare.

CAMPO DI APPLICAZIONE

Il modulo previsto per le dimissioni del lavoratore deve essere utilizzato in tutti i casi di recesso unilaterale di cui all’art. 2118 c.c., sempre rispettando i termini di preavviso richiesti.

La legge n. 188/2007, le circolari del Ministero del Lavoro del 4 e del 25 marzo 2008 e le indicazioni fornite sul sito del Ministero stesso hanno definito, sempre più specificamente, il campo di applicazione della nuova disciplina sulle dimissioni volontarie.

Le tipologie di rapporti interessate dalla nuova disciplina sono:

  • i rapporti di lavoro subordinato di cui all’art. 2094 c.c., indipendentemente dalle caratteristiche e dalla durata, compreso il rapporto di lavoro nella Pubblica Amministrazione e negli enti pubblici;
  • i rapporti di lavoro domestico;
  • le collaborazioni coordinate e continuative anche a progetto;
  • l’associazione in partecipazione di cui all’art. 2549 c.c. e seguenti, solo se caratterizzata dall’apporto di lavoro, anche non esclusivo, da parte degli associati, con la sola esclusione dei lavoratori già iscritti ad albi professionali;
  • i contratti di lavoro instaurati tra soci e cooperative.

Tra i chiarimenti da ultimo intervenuti, sono state ritenute soggette alla nuova disciplina anche le dimissioni per giusta causa di cui all’art. 2119 c.c..

Le ipotesi escluse dal campo di applicazione, invece, sono:

  • le risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro, vale a dire tutte quelle cessazioni del rapporto di lavoro che derivano dall’incontro della volontà dei due contraenti (1372 c.c.);
  • le dimissioni rassegnate durante il periodo di prova, stante il principio della libera recedibilità del rapporto;
  • le cosiddette “dimissioni incentivate” dal rapporto di lavoro che si verificano quando il datore di lavoro favorisce le dimissioni del dipendente offrendogli un incentivo economico. Anche in questo caso sussiste un accordo tra le parti, e, pertanto, è più corretto riferirle ad un’ipotesi di risoluzione consensuale più che ad un recesso unilaterale dal rapporto;
  • le cessioni del contratto poiché la cessazione del rapporto non avviene con atto unilaterale, ma con accordo trilaterale;
  • gli stages e i tirocini in quanto non costituiscono rapporti di lavoro, né autonomo, né subordinato;
  • le prestazioni di lavoro accessorio ai sensi dell’art. 70 d.lgs. n. 276/2003;
  • le prestazioni di lavoro occasionale svolte in regime di piena autonomia ex art. 2222 c. c., non essendoci coordinamento tra l’attività del prestatore e quella del committente;
  • i rapporti di agenzia, ex art. 1742 e seguenti del codice civile;
  • i rapporti di lavoro marittimi, poiché i contratti di arruolamento della gente di mare sono regolati dalla legge speciale del codice della navigazione;
  • le dimissioni di componenti degli organi di amministrazione e di controllo di società e partecipanti a collegi e commissioni purché si configurino come rapporti di lavoro autonomi e non come collaborazioni coordinate e continuative;
  • i rapporti di pubblico impiego che, ai sensi dell’art. 3 del d. lgs. n. 165 del 2001, rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti, in quanto non privatizzati e non contrattualizzati;
  • i casi di collocamento in quiescenza e di collocamento in pensione.

Tuttavia, nonostante quest’ultima ipotesi sia stata espressamente esclusa dal campo di applicazione della nuova disciplina sulle dimissioni da parte della circolare ministeriale del 25 marzo 2008, consigliamo, comunque, di richiedere al lavoratore la compilazione del modulo previsto dalla legge.

Ciò perché non è infrequente il caso in cui l’INPS, inizialmente, fornisce al lavoratore dati in base ai quali egli sembra aver maturato i requisiti previsti dalla legge per la fruizione della pensione e, successivamente, nega la prestazione motivando pretesi errori di calcolo.

In queste ipotesi, se fino ad ora l’unica azione giudiziale riservata al lavoratore era quella avverso l’INPS per risarcimento del danno conseguente al fatto di aver rassegnato le dimissioni sulla basa dell’errata convinzione di aver maturato i requisiti pensionistici, ora potrebbe accadere che il lavoratore tenti di far valere, in ogni caso, la nullità delle dimissioni rassegnate proprio perché non ha utilizzato il modulo previsto dal decreto interministeriale.

Riteniamo, pertanto, prudenziale consigliare alle imprese di chiedere ai loro dipendenti, che si dimettono per collocamento in quiescenza o in pensione, di utilizzare comunque il modulo previsto dal decreto interministeriale.

Evidenziamo, infine, che sono esclusi dal campo di applicazione della legge 188 del 2007 i rapporti di lavoro disciplinati dall’articolo 2222 del cod. civ, in quanto, con la circolare del 25 marzo, il Ministero del Lavoro ha precisato che per prestatori e prestatrici d’opera, espressamente richiamati nella rubrica della citata legge, devono intendersi sostanzialmente i lavoratori parasubordinati.

Con riferimento agli aspetti soggettivi, la nuova procedura sulle dimissioni volontarie si applica a tutti i datori di lavoro, vale a dire:

  • datori di lavoro privati;
  • le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici;
  • le associazioni;
  • le Onlus;
  • gli esercenti delle arti e professioni;
  • le società cooperative, in relazione ai rapporti di lavoro con i propri socio-lavoratori.

MODALITÁ OPERATIVE PER LA PRESENTAZIONE DEL MODELLO

A partire dal 5 marzo 2008, i modelli da utilizzarsi, per consentire al lavoratore di rassegnare le dimissioni, sono stati adottati con il decreto interministeriale 21 gennaio 2008 che rimanda la dettagliata identificazione dei dati, dei sistemi di classificazione e del formato di trasmissione del testo all’allegato B del decreto stesso.

Va rilevato che è stato adottato solo il modello telematico, nonostante la legge n. 188 del 2007 abbia previsto anche un modulo “predisposto e reso disponibile, gratuitamente dalle direzioni provinciali del lavoro, dai Centri per l’impiego e dagli uffici comunali”.

Conseguentemente il modello cartaceo distribuito gratuitamente dai soggetti sopra indicati non risulta ancora disponibile.

Pertanto, il lavoratore che intenda recedere dal rapporto di lavoro, nell’utilizzare il modulo informatico, avrà tre possibilità.

Potrà accedere direttamente ed autonomamente al sistema informatico predisposto a tal fine dal Ministero del Lavoro.

Questo aspetto è di fondamentale rilievo, in quanto il succedersi dei provvedimenti normativi emanati in materia di dimissioni volontarie (Legge n. 188 del 2007, decreto interministeriale 21 gennaio 2008, Circolare del Ministero del Lavoro del 4 marzo 2008 e 25 marzo 2008) aveva dato luogo ad una ambigua interpretazione del dettato normativo.

Inizialmente, la circolare del Ministero del Lavoro del 4 marzo 2008 aveva fornito indicazioni non condivisibili in ordine all’interpretazione del decreto interministeriale, perché si sosteneva che il lavoratore potesse solamente pre-compilare il modulo, che necessitava poi, sempre e comunque, della “validazione” da parte dei soggetti all’uopo abilitati, per acquisire i caratteri di non contraffazione o falsificazione.

Ciò implicava l’intervento stabile di un soggetto terzo nella formazione di in un atto giuridico, quale le dimissioni, che da sempre è stato qualificato come unilaterale e acausale.

A fronte di questa interpretazione, Confindustria aveva promosso un incontro con tutte le organizzazioni datoriali per valutare l’opportunità di impugnare il decreto interministeriale innanzi alla giustizia amministrativa.

Nel frattempo si è sviluppato un fattivo dialogo con il Ministero del Lavoro che ha portato all’emanazione della circolare del 25 marzo u. s., ove il Ministero del Lavoro ha espressamente affermato che il lavoratore può compilare direttamente il modello, telematicamente, tramite il sito del Ministero stesso, senza che intervenga alcuna validazione da parte di terzi.

In alternativa, il lavoratore potrà rivolgersi ad uno dei cosiddetti “soggetti intermediari” già abilitati preventivamente al sistema e cioè:

  • centri per l’impiego;
  • uffici comunali;
  • direzioni provinciali del lavoro;
  • la direzione regionale di Aosta.

Infine, il lavoratore potrà recarsi da quei sindacati e patronati che hanno firmato la convenzione di cui all’art. 1, comma 6, della l. n. 188 del 2007 e del decreto 31 marzo 2008.

Infatti, con quest’ultimo provvedimento, il Ministero del Lavoro ha definito la forma della convenzione che le organizzazioni sindacali dei lavoratori ed i patronati devono sottoscrivere per mettere a disposizione dei lavoratori il modulo per la presentazione delle dimissioni volontarie.

Stipulata la convenzione con il Ministero del Lavoro, il sindacato e il patronato firmatari si impegnano ad offrire gratuitamente il servizio di compilazione del modulo attraverso il sistema informatico MDV.

Il modulo verrà compilato e consegnato ai lavoratori secondo le modalità indicate nelle circolari del 4 e del 25 marzo 2008.

Al termine delle operazioni previste dalla legge ed indicate dettagliatamente sul sito del Ministero del Lavoro, (a prescindere dal fatto che vengano compiute dal lavoratore autonomamente, oppure dai soggetti all’uopo abilitati) il modulo viene provvisto di un codice alfanumerico di identificazione e di un codice identificativo che lo rendono “univoco” e, pertanto, non falsificabile.
La “validazione temporale” attesterà il giorno in cui il modulo è stato redatto e dal quale decorrono i 15 giorni entro i quali il lavoratore può consegnare la domanda di dimissioni.

Il modulo consta di cinque sezioni i cui dati richiesti riguardano:

  • il lavoratore;
  • il datore di lavoro;
  • il rapporto di lavoro;
  • le dimissioni;
  • i dati di invio.

Il programma informatico è composto da:

  • campi obbligatori, in quanto i dati richiesti sono sempre obbligatori;
  • campi non obbligatori, in quanto i dati richiesti sono facoltativi;
  • campi condizionati, in quanto i dati richiesti sono obbligatori solo in particolari casi specifici.

In riferimento ad ogni singola sezione, la Circolare del Ministero del Lavoro del 25 marzo 2008 ha, opportunamente, specificato quali siano i campi effettivamente obbligatori da compilare.

Ha, così, accolto alcune osservazioni specificamente formulate da Confindustria.
Ad esempio, nella sezione “rapporto di lavoro”, le voci “tipo orario” e “ore settimanali medie” non sono più obbligatorie.
Queste ultime, infatti, creavano difficoltà di valutazione specie in riferimento ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, per i quali l’indicazione di un orario è meramente eventuale.

Inoltre, nella sezione “dimissioni”, Confindustria aveva rilevato l’inammissibilità della richiesta obbligatoria di motivare le dimissioni rispetto ai principi generali del codice civile.

La circolare del 25 marzo 2008 ha chiarito che l’unico campo obbligatorio della sezione “dimissioni” è soltanto quello della data di decorrenza delle medesime, intendendo con essa il primo giorno da cui decorre il preavviso.

Anche questa precisazione è conseguenza delle osservazioni che Confindustria ha mosso al Ministero del Lavoro, posto che l’indicazione del primo giorno di non lavoro (inizialmente contenuta nella circolare del Ministero del Lavoro del 4 marzo) avrebbe creato non pochi problemi applicativi.

In ogni caso riteniamo che le dimissioni già presentate secondo i criteri precedentemente indicati dal Ministero del Lavoro restano efficaci.

Infatti, come emerge dai lavori parlamentari, la finalità della nuova legge sulle dimissioni è quella di combattere il fenomeno delle false dimissioni, anche dette “dimissioni firmate in bianco”, vale a dire quelle dimissioni fatte firmate al lavoratore al momento dell’assunzione.

Quindi, attenendosi alla ratio della legge, ciò che rileva non è certamente la comunicazione della data in cui il lavoratore cessa il suo rapporto di lavoro, (oggetto di altra comunicazione già prevista dalla legge), bensì esclusivamente che la volontà del lavoratore si sia formata liberamente, scevra da quei vizi del consenso suscettibili di rendere invalido l’atto di dimissioni.

Infine, utilizzando l’apposita procedura telematica, il Ministero del Lavoro ha anche previsto la possibilità che il lavoratore revochi le dimissioni rese con la prevista modulistica.

Il Ministero del Lavoro ha ovviamente considerato questa ipotesi nel presupposto che le dimissioni del lavoratore non siano già state comunicate al datore di lavoro. Ed infatti, se ciò fosse avvenuto, le dimissioni non sarebbero comunque più revocabili, salvo il datore di lavoro acconsenta alla loro revoca.

Cordiali saluti.

Il Presidente
R.Carlo Noto La Diega 
   
                                                                                                               


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